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    15 dicembre 2003: dalla scuola virtuale alla scuola reale.



    Per capire le ragioni delle modifiche apportate al decreto, occorre fare qualche passo indietro.
    Il 29 novembre scorso, le vie di Bologna, per la terza volta in venti mesi, si sono nuovamente riempite di genitori che chiedevano a gran voce di non cancellare il tempo pieno; segno evidente di una forte inquietudine che non va sottovalutata.
    Puntualmente sono arrivate le reprimende: "inconsapevoli delle ragioni che li portano a manifestare" (dott.sa Stellacci , direttore generale dell'Uff.Scolastico Regionale), "chi manifesta rema contro la scuola" (on. Garagnani, capogruppo di Forza Italia in commissione cultura alla Camera).
    A motivare giudizi così trancianti un unico refrain : "non è vero che scompare il tempo pieno, l'ha scritto anche il ministero nel commento..."
    Già, il commento... Ultima trovata ministeriale per riuscire là dove i libretti di qui, quo qua, le agende per gli insegnanti, gli opuscoli di Donna Moderna, hanno miseramente fallito.
    Per mesi abbiamo sostenuto che il decreto, che già non ci piace per quello che è chiaro, su molti aspetti era estremamente sibillino, a partire dalla valenza didattica del tempo dedicato al pasto. Dopo esserci opportunamente documentati, l'abbiamo sostenuto nelle assemblee a scuola, in piazza, persino nei confronti con gli ispettori del MIUR (dott. Lelli della direzione scolastica regionale ER). Nulla da fare. Per smuovere il governo si è reso necessario l'intervento dell'ANCI, l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (organismo istituzionale e quindi non tacciabile di essere "di parte").
    Ai primi di dicembre, in un documento tecnico molto dettagliato, l'ANCI (saranno anch'essi poco "consapevoli" ? ) ha demolito tutto l'impianto del decreto. Nel documento si rilevava "l'incompletezza dell'impianto finanziario", "l'insufficienza delle basi psicopedagogiche nelle indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia", la "sottovalutazione dell'importanza del tempo scuola nel raggiungere gli obiettivi di apprendimento", "l'eliminazione dall'orario degli insegnanti del tempo eventualmente dedicato alla mensa".

    Solo davanti all'opposizione di Comuni e Regioni (terrorizzate dall'idea di dover pagare ciò che lo Stato si rifiutava di fornire) , il ministero ha accettato di emendare il decreto in sede di conferenza unificata stato regioni.

    Le modifiche non sono di poco conto visto che esplicitano l'assistenza degli insegnanti statali durante il pasto, la permanenza degli Istituti Comprensivi, la gratuità della progettazione curricolare facoltativa.

    Tranquillizzate sul piano finanziario, si sono espresse favorevolmente l'ANCI, l'UPI (province) e una parte delle regioni.

    Non può cambiare tuttavia il giudizio fortemente NEGATIVO espresso da chi, genitori e insegnanti, ha manifestato in questi mesi la propria preoccupazione.
    Bastava una semplice modifica per tranquillizzarci: indicare chiaramente che il modello didattico/educatico proprio del tempo pieno verrà garantito a chiunque ne farà richiesta. Idem per la scuola dell'infanzia. Difficilmente vedremo mai queste integrazioni, che in fondo si limiterebbero a rendere coerenti la normativa e le dichiarazioni ministeriali.
    L'impianto del decreto, nonostante gli emendamenti, rimane fondamentalmente invariato.

    In particolare:
  • rimane la forte riduzione delle ore curricolari obbligatorie
  • rimane la mancanza di chiarezza sulle ore facoltative (se sono ore qualificanti per la crescita individuale perché non farle fare a tutti ? se non ci sono soldi per i progetti sarà solo badantato ?)
  • rimane la disgregazione (anche sociale ?) del gruppo classe tra chi fa le ore obbligatorie e chi sceglierà le facoltative.
  • rimane l'anticipo senza strutture a supporto
  • rimane la cancellazione del doppio organico nella scuola a tempo pieno e nella scuola dell'infanzia
  • rimane il docente tutor che cancella l'attuale impostazione paritetica e divide gli insegnanti tra quelli di serie A e quelli di serie B


  • Rimane l'inadeguatezza di risorse atte a garantire le scelte di tempo scuola dei genitori e una vera scuola di qualità per tutti


    La realtà è che non ci si può basare solo sulla "scuola possibile" descritta dalla normativa. Per avere una prospettiva concreta della "scuola reale", occorre affiancare normativa e provvedimenti finanziari. La scuola pubblica, negli ultimi anni, ha subito tagli al limite della sopravvivenza. Nella nostra regione 60 nuove sezioni di scuola dell'infanzia sono partite a part-time anziché a tempo pieno per mancanza di insegnanti. Ovunque mancano gli insegnanti per garantire un minimo di compresenza. I genitori non chiedono solo di garantire il tempo scuola (cosa che già oggi, in molte realtà non viene garantita) ma di qualificarlo con risorse adeguate.

    In questi giorni le scuole stanno ricevendo i fondi statali per il funzionamento didattico. Chiedete informazioni al vostro Dirigente scolastico: sono stati decurtati del 38% rispetto all'anno precedente!!!
    Viene da chiedersi se chi ci critica sia consapevole dei provvedimenti che ha contribuito ad emanare.

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