"la Regione indirizza le proprie azioni alla qualificazione nel territorio regionale del sistema nazionale di istruzione, ed in particolare della scuola pubblica, come definito dalla legislazione nazionale"
Art. 1 (ambito di applicazione) della legge 12/2003 della regione Emilia Romagna in materia di Istruzione e Formazione.
Dicono che si diventa importanti quando qualcuno parla male di te.
Bene, dalla scorsa settimana, GASP è diventato molto importante.
In due successivi interventi su Il Resto del Carlino, Monsignor Facchini , coordinatore della Consulta regionale paritaria scolastica e Fabio Catani , presidente della compagnia delle Opere, hanno duramente contestato quel riferimento al ruolo particolare della scuola pubblica (statale e comunale) che figura nei principi del pdl regionale in materia di Istruzione e Formazione. Non sono gli unici interventi di questo tono. I consiglieri regionali dei partiti del centro-destra hanno attaccato con forza quei riferimenti nel dibattito che ha preceduto l'approvazione della legge Bastico.
Quel riferimento non c'era nella bozza iniziale presentata dalla Regione, l'abbiamo reclamato a gran voce nelle audizioni svolte dall'ass. Bastico (GASP è stata l'unica organizzazione dei genitori intervenuta nelle audizioni regionali), abbiamo infine mostrato apprezzamento quando la Regione ha accolto la nostra istanza (chi volesse seguire i vari passi può trovare tutti i documenti nella sezione GASP)
Non è un caso che il Dott. Catani perda la pazienza parlando di "pedaggio ai compagni di viaggio comunisti e laicisti" e di "entusiasmi manifestati in udienze pubbliche da comitati e sindacalisti statalisti".
Quel passaggio fa molto male a chi ha importanti interessi da difendere, fa molto bene a chi ha fondamentali diritti di cittadinanza da reclamare.
Nell'articolato intervento che abbiamo svolto all'audizione di Bologna non abbiamo contestato o disconosciuto la legge sulla parità scolastica.
Abbiamo però precisato che, per noi, parità significa parità di diritti e di doveri (come prescrive la legge). Che il rispetto dei doveri non può essere basato, come oggi, su un'autocertificazione. Che senza parità tra diritti e doveri non ci possono essere finanziamenti. Che i finanziamenti vanno indirizzati al "diritto allo studio", non ad una tipologia di scuola rispetto ad un'altra.
Circa la metà delle scuole paritarie sono scuole dell'infanzia.
In molte realtà locali i cittadini si iscrivono a queste scuole, pagando le relative rette, non per scelta libera e consapevole ma perchè non riescono a trovare posto nelle scuole dell'infanzia pubbliche, gratuite, statali e comunali. Non trovano posto (idem per i nidi e il tempo pieno alle elementari) perchè queste non ci sono o perchè non hanno insegnanti a sufficienza per coprire le richieste, causa i pesanti tagli degli ultimi anni. Non mi sembra "sconveniente" chiedere alla Regione di attivarsi là dove lo Stato ed alcuni Comuni latitano.
Non si può reclamare la libertà di scelta delle famiglie se viene a mancare una delle possibili opzioni; l'unica che, per "statuto", deve garantire laicità, pluralismo, pari opportunità per tutti.
La regione ha accolto questa impostazione inserendola sin dall'articolo uno e richiamandola in altre parti fondamentali della legge, ad esempio all'art 17 dove la regione si propone la "generalizzazione della scuola dell'infanzia di durata triennale ed in particolare della scuola pubblica".
Diametralmente opposte le accuse che ci sono giunte da altre parti per avere sostenuto una legge ancora troppo poco "di sinistra".
Vorrei ricordare che, negli stessi giorni, la Regione Sicilia, seguendo l'esempio di altre regioni governate dal centro-destra, ha deciso di destinare le proprie risorse (45 mln .euro) esclusivamente a chi spende più di 250 euro l'anno (il che esclude chi accede alla scuola pubblica) e senza limiti di reddito. E' una concezione di "diritto allo studio" alquanto singolare e lontana dall'impostazione della regione Emilia Romagna.
In quest'occasione pensiamo sia corretto aprire una linea di credito nei confronti della politica scolastica regionale, prestando però molta attenzione affinché alle parole seguano coerenti azioni di governo.